giovedì 25 febbraio 2010

Il rapporto della fondazione Agnelli

E' stato presentato il secondo Rapporto sulla scuola della Fondazione Giovanni Agnelli di Torino, diretta da Andrea Gavosto, a Roma nella sede della casa editrice Laterza.
La Fondazione riprende una tesi nota: nell'istruzione, lo stato ha fallito. Proprio un sistema scolastico centralizzato e uniforme non è riuscito a ricucire le due Italie. Il Nord-Est e ancor più le province autonome di Trento e Bolzano vantano risultati di apprendimento che li collocano ai vertici delle classifiche mondiali. Il Sud e le isole sono crollati a livelli da Terzo Mondo.
tuttavia la Fondazione mette in rilievo che la riforma federalista dell'istruzione, decisa dalla modifica del Titolo V della Costituzione ma non ancora attuata, potrebbe sanare questo divario,solo a determinate condizioni. Quali? Innanzitutto una forte volontà riformatrice, una guida dei processi, poi investimenti adeguati. Altrimenti un cattivo e avaro federalismo rischia di peggiorare gli esiti del centralismo.
In mancanza di azioni perequative il sistema educativo andrà incontro al disastro. La razionalizzazione di spesa prefigurata dal federalismo produrrà consistenti risparmi, poiché calerà il numero dei docenti. Ma le somme risparmiate, afferma la Fondazione Agnelli, devono restare nella scuola ed essere investite per raggiungere due obiettivi fondamentali: ridurre l'abbandono scolastico e i tassi di ripetenza a un fisiologico 5-10% ed elevare i livelli d'apprendimento degli studenti.
Tanto più, avverte la Fondazione, che il piano triennale per la scuola varato dal ministro Mariastella Gelmini prevede già notevoli risparmi: un federalismo orientato esclusivamente al contenimento dei costi rischierebbe di ottenere solo risparmi marginali, più dannosi che utili.


Gli estensori del Rapporto – Gianfranco De Simone, Andrea Gavosto, Marco Gioannini, Stefano Molina e Alessandro Monteverdi – hanno rielaborato il vasto insieme di dati forniti dalle indagini Ocse-Pisa sulle competenze dei quindicenni in lingua, matematica e scienze; hanno analizzato i dati complessivi del ministero dell'Istruzione e persino i bilanci delle singole scuole; hanno commissionato ricerche originali, dall'impiego per la didattica delle nuove tecnologie informatiche e dell'accesso a Internet alle caratteristiche dei docenti neoassunti nel 2009 in sette regioni (Campania, Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Veneto). Ne emerge un'Italia che spende notevolmente per l'istruzione ma ottiene risultati mediocri, e soprattutto disastrosamente disomogenei.
Nei punteggi delle prove Pisa siamo sotto la media Ocse. Ma è la percentuale degli espulsi dal sistema educativo (drop-outs) che ci colloca fuori dall'Europa: il 20% dei giovani da 20 a 24 anni ha solo la licenza media. La Fondazione calcola che, se tutti i giovani conseguissero il diploma di scuola secondaria superiore, il sistema produttivo darebbe lavoro a un milione e 300mila giovani in più: il 6,3% degli occupati.
Nelle regioni meridionali il 30-40% dei giovani non raggiunge il livello minimo di competenze giudicato necessario, in campo internazionale, per essere cittadini attivi di uno stato moderno: comprendere e applicare alla soluzione dei problemi quotidiani un testo semplice o un elementare problema numerico. Chi studia nelle scuole del Sud ottiene, in media, 68 punti Ocse-Pisa meno di chi frequenta le aule del Settentrione: l'equivalente di un anno e mezzo d'istruzione. I paesi al vertice della classifica Ocse sono gli stessi che riducono al minimo il divario di risultati tra regioni, tra famiglie, tra ordini di scuole, tra le singole scuole. In Italia scarsi risultati medi convivono con differenze di livello abissali.

La scuola italiana fallisce anche come canale di promozione sociale. Il divario familiare, misurato dal titolo di studio dei genitori, e quello del contesto ambientale contano, per la determinazione dei risultati, assai più del talento individuale. Probletici il livello e le caratteristiche del corpo docente. Abbiamo un corpo insegnante fra i più numerosi, il numero dei docenti, compresi i precari, giunge quasi al milione, ma appare difficile rinnovarlo. I nostri insegnanti sono i più vecchi d'Europa. L'età media dei nuovi assunti 2009 è di 40 anni (42,2 in Campania e Puglia). Come stupirsi che, secondo il Rapporto, solo il 6% dei docenti ritenga le tecnologie informatiche «un supporto insostituibile per il lavoro dell'insegnante»?
Investiamo in istruzione il 3,5% del Pil, leggermente meno della media Ocse del 3,8%, ma la nostra spesa annua per studente è assai sopra la media: 7.716 dollari, a parità di potere d'acquisto, per un alunno della primaria (media Ocse 6.437) e 8.495 dollari per la secondaria (media Ose 8.006). Bisogna però ricordare che questo è dovuto al forte calo demografico del decennio precedente. Questo dato appare destinato a ridursi alla luce del continuo anche se relativo incremento che attualmente si registra. I risultati di questa spesa sono disomogenei, oltre che mediocri: il Rapporto calcola che un punto Ocse-Pisa in più costa 113 euro in Veneto, 130 in Sicilia, 144 in Basilicata, 165 in Trentino, considerando la spesa pubblica per studente dalla primaria al 15° anno.

Disabili e scuole private: "Qui non c'è posto"

DAL PROBLEMA DEL SOSTEGNO ALLA RETTA INTEGRATIVA: UN PERCORSO A OSTACOLI

La legge sulla parità del 2000 prevede che gli istituti che ottengono il sì del Ministero debbano accogliere tutti, disabili compresi. Ma la realtà a volte pare diversa»


ROMA - «Signora, ma perchè non iscrive suo figlio in una scuola statale? Lì sono organizzati meglio. Noi i ragazzi disabili non li prendiamo, non sapremmo come gestirli, non abbiamo insegnanti di sostegno». Iscrivere un bambino alla scuola paritaria può diventare un percorso a ostacoli per un padre o una madre se quel figlio ha una disabilità. Non bastano le difficoltà quotidiane e il pensiero assillante di quel giorno in cui mamma e papà non ci saranno più. Ci si mettono pure le discriminazioni in ambito scolastico. Eppure la legge sulla parità del 2000 prevede che le scuole che ottengono il sì del ministero debbano accogliere tutti, disabili compresi. Tanto che ogni anno vengono stanziati dei fondi per il sostegno. Il concetto lo ha ribadito anche il tribunale di Roma nel 2002 e nel 2008 il ministro Mariastella Gelmini ha rincarato la dose con un decreto in cui si dice che si ottiene la parità solo se si rispettano le norme di inserimento degli alunni disabili.

OLTRE LA LEGGE IL «FAI DA TE» - Fin qui la legge, ma nella realtà regna il fai-da-te. Una giungla in cui la Dire ha deciso di avventurarsi. Telefono alla mano, abbiamo contattato numerose scuole private paritarie, scoprendo che molte volte il bambino disabile riceve un «no». Ma anche quando scatta il «sì» arrivano i problemi sul sostegno. E su questo punto la confusione è totale. C'è chi dice «noi non ci attiviamo neanche per averlo», scaricando la colpa sul ministero "che non garantisce i rimborsi, che stanzia pochi fondi", chi chiede rette aggiuntive per pagare l'insegnante in più, chi contributi parziali.

IL PROBLEMA DEL SOSTEGNO - Qualche esempio. Chiamiamo un noto istituto privato romano, di quelli che pubblicizzano la loro attività a forza di maxi cartelloni. Ci risponde una cortese segretaria a cui chiediamo di iscrivere alla prima elementare un bimbo affetto dalla sindrome di down. «Non credo ci siano problemi- risponde la donna in un primo momento- chiedo alla direttrice». Poi il verdetto cambia: «Non abbiamo l'insegnante di sostegno in questo momento. Può provare nelle scuole statali dove il sostegno c'è sempre. Le iscrizioni sono ancora aperte». Il no è condito da un «mi dispiace» che si ripete ad ogni diniego, con, appunto, il consiglio di mandarli alla statale, i bambini con disabilità, perchè lì, si sa, sono «più organizzati». Di fatto, uno scarica barile. Che penalizza le scuole pubbliche e, soprattutto, le famiglie, che non hanno liberta' di scelta su dove far studiare i figli.
Cambiamo ciclo scolastico, ci riproviamo con le superiori. Di nuovo scegliamo un istituto paritario romano dei più pubblicizzati. Anche qui scatta il no al ragazzo down: «Non sappiamo come gestirli- risponde un uomo al centralino- non abbiamo l'obbligo di prenderli, non ricadiamo nella legge della scuola pubblica. Non prendiamo ragazzi con disabilità».

«SI CREA UN PROBLEMA» - Il problema è il sostegno? Domandiamo. «No, è che non li prendiamo proprio perchè ci si viene a creare un problema. La cosa migliore, signora, è la statale, che è più organizzata di noi». Ci risiamo. In un istituto cattolico gestito da una grande fondazione (la struttura è a Roma e ha laboratori, centri sportivi, teatro, piscina) si aprono le porte per il nostro bambino che deve andare in prima, ma, ci dicono dalla segreteria, «noi siamo una scuola paritaria e vi dovete prendere l'onere del sostegno. In attesa che il ministero vi riconosca le ore e vi rimborsi, ma chissà quando avverrà». Scoraggiarsi è d'obbligo. In un'altra scuola cattolica blasonata della Capitale ci dicono che «non c'è un sì o un no a priori, certo poi bisogna vedere se si concretizzerà l'iscrizione». Ci lasciano nel dubbio.

RETTA INTEGRATIVA - Istituto di suore a Milano: il sostegno non c'è, il bambino non trova spazio. «Il fatto- ci dicono- è che il ministero paga solo un 'quid'...". Colpa di viale Trastevere, insomma, se un bambino non può scegliere la scuola che vuole. In un istituto di Verona ci dicono che anticipano loro la «retta integrativa per la disabilità». Poi la famiglia chiederà un sostegno alla Regione che andrà girato all'istituto. «E se non ce lo danno?». «Non è mai capitato, ma certo il rimborso si potrebbe fare in molte rate». Si parla, infatti, dello stipendio di un docente per un anno. E anche al Sud la musica non cambia: a Palermo ci invitano a portare il nostro bimbo alla statale, «da insegnante- ci dice una operatrice- le dico che è meglio». (Fonte agenzia Dire, da www.corrieredellasera.it)

Salviamo il Fantabosco.


Vi chiamiamo a una missione di soccorso.

Come potete leggere in questi due articoli usciti su www.ilSalvagente.it
- "Fantabosco addio, la Rai uccide la tv dei ragazzi", Intervista con Mussi Bollini, e
"La Rai sbaglia, non si uccide il Fantabosco", intervista con Aldo Grasso
il consiglio di amministrazione della RAI ha deciso di cancellare la produzione di Melevisione e dell'intera Fascia Bambini di Rai Tre, che a quanto pare non "trasmigrerà" sul digitale terrestre.
Spesso nel trasmigrare i galeoni, col pretesto della penuria di cibo e acqua, prendono il largo lasciando su uno scoglio i più deboli.
E qui da noi è sempre più chiaro: questo non è un paese per piccoli.

Il web sta già rispondendo.
E' nato su Facebook un gruppo di sottoscrizione fondato dall'illustratore e scrittore Simone Frasca. Eccolo:

Salviamo il Fantabosco dalla chiusura!

Potete e volete sottoscrivere? Potete diffondere la notizia ai vostri contatti?

Se (meglio ancora) volete anche spedire una mail, potete indirizzarla a melevisione@rai.it , che provvederà a rimbalzarla ai piani alti della RAI.

Grazie, a nome di tanti bambini d'Italia, da chi scrive storie e rime per loro da tanti anni che può azzardare di parlare a loro nome.

Bruno Tognolini

www.tognolini.com

mercoledì 24 febbraio 2010

LO DICE ANCHE LA FONDAZIONE AGNELLI: RIFORMA GELMINI INADEGUATA

Non lo dicono pericolosi eversivi comunisti, ma i dati presentati oggi dalla Fondazione Agnelli.
Non sarà una società del merito e della conoscenza diffusa, se la scelta che i giovani compiranno a 13 anni sarà nei fatti irreversibile per la grande differenza di programmi proposti dai diversi percorsi formativi, sin dal primo biennio: la serie A dei licei scelti per lo più dai benestanti, la serie B degli Istituti tecnici, la serie C dei professionali destinati a chi arriva da ambienti meno favorevoli. O peggio ancora, se si prevede un ingresso nel mondo del lavoro (che non c’è) con l’apprendistato a 15 anni. Per questo il Partito Democratico dà un giudizio totalmente negativo del riordino delle superiori appena varato dal Governo: la divisione tra canali formativi si basa su una divisione netta tra il “sapere” e il “saper fare”, che rispondeva a un modello di società e di economia, oggi del tutto obsoleto. Proponiamo di reintrodurre l’obbligo scolastico fino a 16 anni e per le superiori un biennio unitario e un triennio d’indirizzo.

Un sistema di istruzione e formazione rinnovato deve realizzare il raccordo con l’alta formazione tecnica, con la formazione professionale, con l’università e con il mondo del lavoro. È su questi nodi che si deve andare a costruire un ripensamento radicale della scuola superiore, che in questi anni è mancato e che l’attuale riordino non affronta.

I divari abnormi tra nord e sud del Paese nei livelli di istruzione sono presto spiegati: nel mezzogiorno sono scarsi gli investimenti nell’educazione sin dalla tenera età (pochissimi i posti al nido) e una rarità il tempo pieno nella scuola primaria. Come ci dimostrano le scienze pedagogiche, psicologiche, le neuroscienze e le ricerche economiche, gli interventi socio-educativi precoci nell’infanzia sono duraturi e produttivi nel tempo e possono costituire una grande occasione di recupero per situazioni svantaggiate. Trasformare il nido d’infanzia da servizio a domanda individuale a diritto educativo, fornendo servizi di buona qualità, è la risposta giusta per creare benessere e sviluppo integrale di ogni bambino, per sostenere la genitorialità, per favorire l’occupazione femminile e la conciliazione tra tempi di vita e lavoro. Il Partito Democratico chiede di generalizzare il diritto alla scuola dell’infanzia, quando ancora è negato in vaste zone del Paese. Nella primaria, anche gli ultimi test Invalsi evidenziano come i migliori risultati siano raggiunti dagli studenti laddove è più diffuso il tempo pieno: per questo vogliamo valorizzare questo modello educativo e il modulo a trenta ore, ripristinando le compresenze degli insegnanti.

Occorre poi attivare con le Regioni politiche di contrasto alla dispersione scolastica e l’abbandono precoce dei percorsi di studio, contrastando l’ingresso nel mondo del lavoro sotto i 16 anni e promuovendo una positiva e virtuosa integrazione tra istruzione superiore e formazione professionale in quadro di sviluppo territoriale economico e sociale. Con le Regioni occorre monitorare seriamente la valenza formativa dei percorsi triennali di formazione professionale, rivedendo gli attuali sistemi di accredito; investire su programmi specifici per l’ampliamento dell’offerta formativa delle scuole, anche attraverso la connessione positiva con la formazione professionale, le aziende, le università e gli enti di ricerca; istituire un fondo straordinario per borse di studio dedicato agli studenti appartenenti alle famiglie colpite dalla crisi per il proseguimento degli studi superiori.

Questo Governo taglia solo risorse alla scuola e non fa alcun investimento per recuperare efficacia, efficienza ed equità. Il Partito Democratico vuole più qualità per la scuola pubblica, perché abbiamo in testa un’altra Italia e dunque, un’altra scuola.

Francesca Puglisi
Responsabile nazionale Scuola PD

Novità, documenti, ricerche, conflitti.

Blog tematico della rivista "Riforma della scuola".
News dalle scuole, dall'associazionismo, dai movimenti, dalla cronaca.

domenica 21 febbraio 2010

Solo il razzismo ci è straniero.

PRIMO MARZO 2010: APPELLO A TUTTO IL MONDO DELLA SCUOLA


La scuola è la casa comune di tutti e di ciascuno
La scuola pubblica è il luogo fondante dell’accoglienza, è il luogo di incontro tra persone, tutte diverse tra loro, e tra culture, è il luogo dell’apprendimento e dello scambio di esperienze. È il luogo in cui la crescita serena di ognuno è la condizione della crescita degli altri.
È il luogo fondante del nostro futuro dove si devono costruire le condizioni per superare le disuguaglianze e gli svantaggi che sono ostacolo alla libertà di tutte e tutti, che siano nati in Italia o in altre terre.
Per questo rifiutiamo qualsiasi norma, qualsiasi comportamento, qualsiasi disegno politico o ideale che divida le persone, a cominciare dai bambini, sulla base della loro origine etnica e respingiamo ogni atto discriminante sia stato compiuto e si voglia compiere contro alunne ed alunni delle nostre scuole, come gli arbitrari tetti di frequenza per immigrati o le sezioni subdolamente create per soli bianchi.
Pensiamo invece che la presenza delle alunne e alunni immigrati possa essere un’occasione straordinaria di crescita se alle nostre scuole saranno date tutte le risorse economiche, di tempo, e di insegnanti necessarie per costruire, giorno per giorno, una politica di integrazione, di scambio, di relazione viva tra le persone che saranno il nostro domani. L’impoverimento della scuola, al contrario, è la prima forma di razzismo, perché trasforma le differenze in disuguaglianze e la disuguaglianza porta alla separazione e alla discriminazione.

Per questo il primo marzo 2010 saremo ovunque visibili e solidali insieme ai nostri fratelli e sorelle immigrati, alle loro figlie e ai loro figli.
Invitiamo tutti gli insegnanti a fare proprio questo appello e durante le ore di lezione rendere partecipi le alunne e gli alunni delle scuole del significato di questa giornata con attività didattiche ed interventi sui temi dell'intercultura e dell'integrazione.
Invitiamo inoltre genitori, insegnanti e studenti delle scuole di Bologna e provincia ad essere presenti alle iniziative delle associazioni che a Bologna saranno presenti dalle 15 del 1° marzo in piazza Nettuno per far capire all'opinione pubblica italiana quanto sia determinante l'apporto dei migranti alla tenuta e alla crescita civile della nostra società.

L’assemblea genitori insegnanti delle scuole di Bologna e provincia - Coordinamento docenti scuole superiori - Coordinamento precari scuola Bologna

mercoledì 3 febbraio 2010

Primo incontro nazionale Consigli scolastici.

PRIMO INCONTRO NAZIONALE DEI COORDINAMENTI PROVINCIALI DEI CONSIGLI DI CIRCOLO E ISTITUTO, E DEI COMITATI GENITORI - BOLOGNA 30 GENNAIO 2010



Il 30 gennaio si è tenuta a Bologna una prima riunione dei Coordinamenti dei CdI e dei CG che nelle varie provincie si sono costituiti o sono in via di costituzione.

Erano presenti le seguenti realtà provinciali: Bologna, Modena, Parma, Firenze, Venezia, Napoli, Roma. Milano non ha potuto essere presente, per una contemporanea iniziativa pubblica, ma si è dichiarata interessata a collaborare a questo percorso e ci ha fatto sapere che è in programma una riunione dei Presidenti dei CdI della Provincia, seguendo le modalità già avviate nelle province di Modena, Bologna, Parma. Gli altri territori presenti hanno portato un contributo di esperienza e conoscenza e hanno condiviso quanto di seguito verrà esposto.

Intendiamo diffondere quanto è emerso nell’incontro, nella convinzione che si sia avviato un percorso che tutti speriamo proficuo e foriero di ulteriori positivi sviluppi.



1) METTERE IN RETE GLI 11000 CDI DEL PAESE

Tutti abbiamo condiviso la necessità di diffondere e promuovere la costituzione di coordinamenti provinciali dei Presidenti dei CdI-CG, eventualmente aperti agli altri consiglieri.

L’obiettivo alto, e di lungo periodo, è di avviare un percorso che porti alla costituzione di Consulte Provinciali, Regionali, Nazionali dei Presidenti di tali organi collegiali, le cui prerogative e caratteristiche andranno decise di concerto con gli organi istituzionali del territorio (province, regioni, USP, USR). Non ci dilunghiamo sull’importanza che a nostro avviso possono rivestire tali organi, diciamo solo che mentre esistono forum provinciali (FOPAGS), regionali (FORAGS), nazionali (FONAGS) delle 5 associazioni dei genitori accreditate presso il MIUR, che vengono sistematicamente consultate ai vari livelli quando si vuole rappresentare il sentire dei genitori degli studenti, nessun organismo di rete e nessuna considerazione istituzionale viene riservata ai genitori effettivamente eletti negli organi collegiali: i genitori delle 11000 scuole del paese non hanno alcuno livello istituzionale di confronto e di ascolto. Ci sembra una grave lacuna sfuggita all’attenzione del legislatore e che non ha più ragione di sussistere. Se questo è un obiettivo di periodo medio-lungo, una dichiarazione di intenti che farà da substrato fertile per tutte le iniziative che da qui in avanti intraprenderemo, quelli che seguono sono obiettivi di più immediata portata che possono rappresentare i primi passi di questo percorso.



2) SOTTOSCRIVERE LE LETTERE DEL COORDINAMENTO CDI/CDC DI BOLOGNA

La lettera del Coordinamento provinciale dei Presidenti di CdI di Bologna sulle supplenze e le sofferenze di bilancio delle scuole, (inviata agli Uffici Scolastici Provinciale e Regionale e p.c. al MIUR, all’Associazione Scuole Autonome e alla stampa) e il metodo seguito di farla firmare ai presidenti dei CdI, ci sembrano così tanto condivisibili che proponiamo che in ogni territorio la stessa lettera venga firmata e inoltrata alla stessa maniera.

Laddove già esistano realtà organizzate la firma potrà essere un momento significativo della vita degli organismi costituiti; dove invece tali realtà non esistono potranno essere raccolte le firme dei singoli Presidenti di CdI e questo potrà forse rappresentare un primo passo per una successiva auspicabile evoluzione.

Il Coordinamento di Bologna ha anche inviato una seconda lettera sui bilanci contenente l’indicazione di elaborare i prossimi Programmi Annuali secondo la normativa tuttora vigente e che la nota del MIUR alle scuole del 14 dicembre scorso ha deciso di ignorare e, sotto alcuni aspetti, stravolgere. Anche questa lettera pensiamo possa essere condivisa dal maggior numero possibile di Presidenti di CdI.

Entrambe le lettere sono nella sezione Ultimi file disponibili nella Home (Lettera Bilanci, Lettera Supplenze)




3) I CONTRIBUTI VOLONTARI DEI GENITORI

Sui contributi volontari dei genitori c’è stata una grande discussione e le indicazioni che si decide di dare sono in parte legate alla contingenza immediata, in parte di medio periodo.



TRASPARENZA

Innanzitutto occorre pretendere la massima trasparenza sulla loro gestione che non può essere la mera pubblicazione del Bilancio all’Albo della Scuola.

Per noi trasparenza vuol dire che ogni genitore, direttamente o tramite rappresentante di classe, deve ricevere le seguenti informazioni scritte:

a) all’atto dell’iscrizione o del versamento del contributo volontario, deve essere preventivamente informato che il contributo è volontario e detraibile ai sensi della legge n° 40/07 (art 13, c. 3-a), sempre che il versamento venga effettuato nei modi previsti dalla legge medesima (“tramite banca o ufficio postale”)

b) contestualmente gli deve essere comunicato come la scuola intende spendere il suo contributo, in osservanza dei vincoli che la stesse legge prevede per tali “erogazioni liberali” e che riportiamo per conoscenza: “innovazione tecnologica, edilizia scolastica, ampliamento dell’offerta formativa”

c) dopo il bilancio consuntivo della scuola dovrà essere informato per iscritto come effettivamente il suo contributo è stato speso nell’esercizio finanziario precedente.



I CONTRIBUTI VOLONTARI DEI GENITORI VANNO VINCOLATI

Ma per l’incombente approvazione dei Programmi Annuali, diamo indicazione che i genitori rappresentanti nei CdI si battano per ottenere di mantenere esplicitamente nella voce di bilancio il vincolo previsto dalla legge 40/07 più sopra citato. Anzi, pensiamo che sia di maggiore efficacia che nel versamento che ciascun genitore effettuerà, nella causale venga scritto: “contributo volontario ai sensi della legge 40/07, art.13 c. 3-a, nel rispetto dei vincoli di utilizzo ivi contenuti”.

Rendere esplicitamente vincolati i contributi volontari dei genitori, diventa quest’anno irrinunciabile dal momento che la nota del MIUR alle scuole del 14 dicembre scorso prevede che “i finanziamenti non vincolati dovranno essere impegnati per finanziare il fondo d’Istituto del personale, per pagare le supplenze brevi, le ditte che si occupano delle pulizie, ecc.



COSTITUIRE UN FONDO SEPARATO PER I CONTRIBUTI VOLONTARI DEI GENITORI

Ma sulla questione dei contributi volontari è emersa una proposta che il Coordinamento di Modena intende praticare con forza e per cui chiede il contributo e la condivisione di tutti. Per illustrare la proposta ed evitare ogni equivoco e fraintendimento, la delegazione modenese sostiene che il normale funzionamento delle Scuole Statali deve essere assicurato in tutto e per tutto dallo Stato, e quindi dai cittadini attraverso la normale tassazione sui redditi. I genitori, attraverso i contributi volontari vincolati, possono contribuire all’arricchimento dell’offerta standard delle scuole, mettendo a disposizione delle stesse, risorse aggiuntive che nelle scuole superiori hanno un peso anche molto rilevante. Il coordinamento provinciale dei CdI e CG di Modena non è più disposto a tollerare che i contributi volontari, pure se vincolati, possano essere utilizzati per cassa al fine di coprire spese che lo Stato promette di accollarsi ma poi non rimborsa. Questo si è verificato negli ultimi anni e molte scuole hanno accumulato crediti nei confronti dello Stato la cui entità ha dello scandaloso. Solo artifici contabili, il mancato pagamento del fondo di istituto per il personale (in molte scuole da anni) e, specie nelle scuole superiori, i contributi volontari dei genitori, sono serviti ad evitare la bancarotta. Questo stato di cose non può continuare. La delegazione di Modena propone che prenda avvio uno studio di fattibilità degli aspetti tecnico-giuridico-contabili per una gestione del contributo volontario dei genitori in un fondo separato, per evitare lo sfruttamento per cassa, mantenendo la disponibilità per le scuole man mano che lo richiederanno le attività a cui tali contributi il Consiglio di Istituto deciderà di vincolare.

La proposta è di organizzare seminari, convegni, dibattiti in tutto il paese, a cui verranno chiamati esperti del mondo della giurisprudenza, economisti, tecnici di contabilità, esperti dell’associazionismo onlus e di promozione sociale.

La costituzione di un pool tecnico-giuridico-contabile che faccia da supporto a questa e alle altre iniziative sta diventando ormai indifferibile e si esorta ogni territorio ad avviare una campagna di reclutamento che consenta di sfruttare le risorse umane, le competenze, l’esperienza, le capacità, le professionalità di cui il mondo dei genitori è portatore.

La necessità di un tale studio deriva dalla consapevolezza che si tratta di un’impresa non impossibile, ma che va studiata a fondo per ovviare a tutti gli inconvenienti che un percorso come questo può presentare. Inoltre il dibattito che si svilupperà sull’argomento avrà una valenza di metodo e di contenuto perché porrà con forza, e ad una vasta platea che dovrà coinvolgere il maggior numero di genitori, l’idea che è alla base e che è esposta in partenza. Si tratterà quindi anche di una campagna di informazione-formazione e costruzione di consenso intorno ad una battaglia il cui valore fondante non è negoziabile: la scuola è un diritto che lo Stato deve garantire a tutti, in tutto e per tutto.



4) I RESIDUI ATTIVI

La partita dei residui attivi, i debiti che lo Stato, evasore e infedele, ha nei confronti delle scuole, non può considerarsi persa. Non ci si può rassegnare alla radiazione (=cancellazione) come da più parti i funzionari, i politici, i governanti, stanno ventilando. Occorre che quel pool tecnico di cui si parlava sopra, nelle sue articolazioni territoriali, ma anche a livello nazionale, si ponga il problema di avviare azioni di natura legale che consentano di ottenere quanto le scuole attendono da anni.

Nel frattempo, per evitare che la situazione peggiori, si chiede che, come per gli stipendi del personale, anche le supplenze tutte, siano a carico diretto dello Stato e non vengano pagate dalle scuole attraverso fondi che vengono promessi ma che poi non arrivano. Si segnala che in molte scuole superiori una parte dei residui attivi si riferisce addirittura ai compensi dei docenti commissari degli esami di Stato negli anni precedenti che le scuole hanno pagato con fondi precedentemente destinati ad altri scopi.

In aggiunta si è rilevato che le scuole hanno svuotato le loro casse anche per anticipare, oltre che gli stipendi dei supplenti, anche gli oneri sociali (IRPEF, INPDAP, ecc.), per competenze che lo Stato non ha ancora corrisposto. La proposta che facciamo è che si valuti la possibilità che il CdI approvi una delibera che sospenda questi pagamenti fino a quando i fondi non siano stati effettivamente versati dal ministero alla scuola. Si tratterebbe di un'autodenuncia molto concreta e fattibile... oltre che un risparmio di quasi il 60%, senza toccare gli stipendi dei supplenti.



5) GLI APPALTI PER LE PULIZIE E IL TAGLIO DEL 25% DELLA SPESA RELATIVA

Si è discusso a lungo di questo aspetto e le conclusioni a cui siamo giunti sono abbastanza articolate. Se da una parte appare decisamente inopportuno ridurre del 25% importi e mansionari dei contratti già stipulati a settembre, cioè ad inizio anno scolastico, dall’altra parte molte testimonianze dai territori hanno riferito che questa emergenza ha portato ad analizzare meglio tutta la dinamica della cosiddetta esternalizzazione dei servizi ausiliari. Intanto occorre precisare che non di sole pulizie si tratta ma, in alcuni plessi, non esistono più i collaboratori scolastici (bidelli) e i lavoratori delle ditte appaltatrici si occupano non solo delle pulizie ma anche di tutte le mansioni proprie di un collaboratore scolastico. Tagliare il 25% quindi vuol dire creare grossi problemi di gestione in alcuni plessi, dove verrebbero a mancare le condizioni per garantire un servizio all’altezza delle esigenze minime di funzionalità e sicurezza.

Ma andiamo per ordine.

L’istituzione degli appalti di pulizia nelle scuole statali è avvenuta con il passaggio allo Stato del personale ATA dipendente dagli enti locali avvenuto il 1/1/2000, in applicazione dell’art. 8 della L.124/99. Nello stesso anno (1/9/2000) prendeva avvio l’autonomia scolastica che avrebbe comportato la riorganizzazione dei servizi scolastici con conseguente revisione degli organici del personale ATA statale. Inoltre, nello stesso periodo, era sorta l’esigenza di trovare sistemazione ad un numero consistente di lavoratori espulsi dal mondo del lavoro (lavoratori socialmente utili = LSU) evitando però l’assunzione diretta da parte degli enti e ricorrendo quindi ad appalti per le pulizie delle scuole stipulati con ditte che per avere accesso dovevano garantire l’assunzione a tempo indeterminato di tali lavoratori. Le scuole che sceglievano di esternalizzare le pulizie perdevano un quarto dei collaboratori scolastici e questo comportava un’economia di spesa ben superiore ai costi dei contratti esterni. Nel tempo queste procedure sono state normate da provvedimenti successivi e, attualmente, le gare d’appalto per l’assegnazione dei contratti, ai sensi di una direttiva ministeriale (n.68 del 2005), avvengono a livello regionale, gestite dall’USR e poi formalizzate con un contratto stipulato dalle singole scuole. Da Venezia e da Bologna viene segnalato che nelle loro esperienze si tratta spesso di contratti gonfiati che sono ben lontani dal rappresentare quell’economia di spesa per cui sono stati pensati dal ministero. Bologna addirittura riferisce che nell’occasione di questa riduzione degli importi dei contratti imposta dal MIUR, il Consiglio di Istituto ha deciso di analizzare nel dettaglio il capitolato e ha scoperto che conteneva molti più servizi di quelli effettivamente forniti dalla ditta appaltatrice. Ovvio che in casi come questi la riduzione va fatta tra i servizi pagati e mai forniti, lasciando inalterata l’entità dei servizi effettivamente prestati. Ci si è accorti cioè che in alcuni(?)/molti(?) casi si sono versate vere e proprie tangenti attraverso questo gonfiare artificiosamente i capitolati. L’invito allora è di verificare molto attentamente il contratto d’appalto per evitare tali abusi e se, comunque, non si dovessero rilevare le economie di spesa attese, l’esortazione è di tornare all’organico ATA, recuperando quel 25% di personale (collaboratori scolastici) che era stato tagliato a causa della presenza dell’appalto esterno.



6) OPZIONI PER CHI NON SI AVVALE DELL’INSEGNAMENTO DI RELIGIONE CATTOLICA (IRC)

Nella circolare ministeriale n.4 del 15 gennaio scorso, relativa alle iscrizioni per l’AS 2010-2011 per le scuole materne elementari e medie, si sono riscontrate novità per chi non si avvale dell’insegnamento della religione cattolica (IRC). In particolare nell’allegato E compaiono due sole opzioni invece delle 4 a cui eravamo abituati. Si è discusso a lungo di questo aspetto e abbiamo concluso che, al di là di ogni considerazione dietrologica ed evitando ogni interpretazione del testo per riuscire a contenere in quelle due voci anche le altre opzioni, e dal momento che una successiva nota del MIUR ha specificato che quelle dell’allegato E sono il numero minimo di opzioni che la scuola può offrire per chi non si avvale dell’ IRC, l’indicazione che diamo ai genitori dei CdI è di pretendere che:

- vengano approntati moduli di scelta delle attività opzionali per chi non si avvale della religione, uguali a quelli dello scorso anno, che hanno comunque una fonte normativa nella circolare 316/87 che poi è stata confermata nella sostanza da ben due sentenze della Corte Costituzionale (n.203 del 1989 e n.13 del 1991);

- dai “collegi dei docenti siano formulati precisi programmi” per chi non si avvale della religione cattolica, come previsto dalla CM 316/87 (par. II, 5° capoverso), ricordando che la stessa CM prevede la possibilità (par. II, 8° capoverso) “che gli studenti stessi segnalino propri bisogni formativi, nonché le modalità di intervento della scuola”;

- il capo di istituto garantisca di operare secondo quanto previsto dalla CM citata (par. II, 6° capoverso) e cioè “sottoporre all'esame ed alle deliberazioni degli organi collegiali la necessità di attrezzare spazi, ove possibile, nonché organizzare servizi, assicurando idonea assistenza agli alunni, compito questo che discende dalla natura stessa dell'istituzione scolastica”

- la scuola, sulla base delle scelte effettuate dai non avvalentesi, richieda all’USP l’organico necessario (in organico di fatto) per soddisfare tali esigenze.

Ricordiamo a tale proposito che in questo caso non si tratta di supplenze brevi, né di supplenze su posti vacanti, cioè le spese per tali figure docenti esulano dagli scarsi finanziamenti che le scuole hanno a disposizione per coprire le assenze del personale o i posti vacanti; anzi il dibattito scatenato su questo aspetto ci ha fatto scoprire che esistono ogni anno, in ogni finanziaria (anche in questa ultima, quindi), dei fondi cospicui destinati a “Spese per l'insegnamento della religione cattolica e per le attività alternative all'insegnamento della religione cattolica…”; tali fondi vengono assegnati alle Direzioni Regionali e spesso i residui (=non utilizzati) tornano al Ministero dell’ Economia e Finanze.

Riguardo poi alla possibilità di nominare supplenti per coprire tali attività alternative alla IRC, rammentiamo che in questo AS ci sono stati pronunciamenti in tal senso dell’USR Veneto e che invece l’USR Friuli e l’USP di Bologna hanno inserito in organico di fatto le richieste provenienti dalle scuole per coprire le attività alternative alla IRC programmate.



7) LE CONSULTE PROVINCIALI DEGLI STUDENTI

Sarà fondamentale stabilire connessioni virtuose col mondo studentesco delle superiori, ad ogni livello, ma innanzitutto con le consulte provinciali che rappresentano il livello istituzionale di quanto noi andiamo auspicando per i presidenti dei CdI.



8) I GENITORI NEL WEB VANNO CONQUISTATI AL PROGETTO

In attesa di mettere in rete con modalità istituzionali le 11000 scuole del Paese, si esortano le realtà che nel web rappresentano i bisogni e le motivazioni dei genitori della scuola, di mettere a disposizione di questo progetto tutte le loro potenzialità, facendo da cassa di risonanza ma anche partecipando attivamente al dibattito che ne scaturirà. La cosa va studiata al meglio e i vari webmaster sapranno coordinarsi per trovare soluzioni efficaci. Una possibile partenza comune potrebbe essere l’esposizione in ogni sito che si riconosce in questo progetto, del logo del gruppo di Facebook fondato dal Coordinamento di MO proprio per lanciare l’incontro nazionale e denominato: SCUOLE STATALI: BILANCI IN ROSSO. L’emblema della Repubblica che con meno scuola perde le foglie della sua corona sembra oltremodo evocativo.



9) TESTIMONIALS

Sul cammino che si va ad avviare abbiamo bisogno di visibilità per fare arrivare all’attenzione del paese i problemi di cui siamo portatori. Sarà utile guadagnare alla nostra causa testimoni di prestigio che siano disposti a mettere a disposizione di questo progetto la loro intelligenza, la loro professionalità, il loro carisma.

Da www.scuolemodena.it
Ultimo aggiornamento ( Mercoledì 03 Febbraio 2010 14:35 )